Ciao italian style lovers, Torino è casa mia, non è solo un famoso libro di Giuseppe Culicchia (e un’approfondita guida su Torino), ma è anche il pensiero di chi questa città, la sente propria per nascita, per appartenenza o per interesse. Torino per molti versi è di tutti, nel 1861 è stata la prima Capitale d’Italia, poi è stata la capitale del boom economico e della gloriosa industria made in Italy, ed ancora, è stata la culla di molti nomi illustri (Cavour, Pavese, Einaudi, Levi Montalcini): tuttavia ogni torinese vi dirà che Torino è solo sua!
Torino è una città schiva, un po’ timida, di cui ci si innamora lentamente ad ogni angolo che si scopre… Come ogni torinese che si rispetti, anche io ho dei posti che penso siano solo miei (va bene miei e di pochi altri), e in questa mini guida vorrei provare a infilarli tutti, come le perle di una collana raffinatissima.
Torino è incastonata tra le montagne sontuosissime, che le fanno da corona (e che si vedono da quasi tutta la città) e una collina romantica e rigogliosa, che offre scorci bellissimi in tutte le stagioni: dalla collina torinese si possono vedere panorami mozzafiato, e proprio per questo qui venne costruita la Villa della Regina. Le regine sabaude dovevano essere donne molto indipendenti, infatti oltre al Palazzo Madama che troneggia nel cuore della centralissima Piazza Castello, si erano appropriate anche del nome, e non solo, di questa meravigliosa residenza, che arroccata sulla collina, domina la città. Esempio raffinatissimo del barocco trionfante di Filippo Juvarra (che la “riammoderna” nel 1700), questa villa coniuga perfettamente lo stile torinese, che abbina allo sfarzo, sempre contenuto, l’amore per la terra e soprattutto per le vigne. Il Piemonte si sa è terra di vini, e tutto intorno alla villa ancora oggi ci sono delle vigne di Freisa, che nel mese di settembre, proprio quando le Madame reali ci andavano in villeggiatura, offre un feuillage di rara bellezza, trasformando la collina in una calda palette di toni ocra e mattone. La storia al femminile della Villa però non finisce qui, perché nell’800 divenne una scuola per le Figlie dei militari, dove si insegnava talaltro la letteratura e l’arte! Dalla centralissima Piazza Vittorio Veneto (che è la piazza più grande d’Europa), i più allenati possono salire a piedi!
La mia prof di storia dell’arte diceva che Torino è la culla del barocco, ma, aggiungo io, un barocco particolare che, in modo non poco campanilistico, si chiama barocco piemontese, per il semplice motivo che si può vedere solo qui! Si tratta di un particolare stile, che coniuga come sempre nobile e popolare, poiché i muri dei palazzi signorili o delle chiese non vengono ricoperti di calce, ma si lasciano al naturale, con i mattoni a vista, si gioca con le loro simmetrie e ci si bea del loro meraviglioso colore rosso. Nel pieno centro della città ne è esempio meraviglioso Palazzo Carignano, che di rimpetto al doratissimo Teatro omonimo, con le sue curve sinuose, seduce lo sguardo anche dei torinesi più incalliti!
Quando nel 1965 Carlo Mollino ha l’incarico di ricostruire il Teatro Regio, letteralmente andato in fumo molti anni prima, guarderà proprio al nostro barocco del mattone, per la parte esterna del teatro! Carlo Mollino però non era solo un architetto, ma un uomo di profonda cultura, un creativo tout-court che oggi quasi nessuno conosce più. Fa parte di quell’Italia innovativa, intraprendente, magari un po’ burbera, ma colta e geniale, che nella prima metà del ‘900 ha provato a immaginare un mondo diverso! Di Carlo Mollino a Torino resta ben poco, ma quasi nessuno sa che in una magnifica villa di stile francese, in pieno centro sulle rive del Po, lui ha arredato la sua casa “da morto” (l’ho detto che era strano!). Studioso di esoterismo e cultura egizia, designer, scrittore, ma anche automobilista e pilota di aerei, amante della fotografia e delle donne, ha costruito una sorta di “rifugio dello spirito”, un appartamento che in realtà è un messaggio da decodificare pieno di indizi per una sensazionale vita ultraterrena! Fulvio Ferrari è il custode di questo scrigno ed è pronto a svelarvelo, in una visita privata davvero da non perdere!
Torino è una città magnetica, attrae gli opposti e li fa gravitare intorno a sé: abbiamo visto come il nobile e il popolare si incrocino spesso, ma anche l’antico e il moderno. Da anni infatti la città è diventata un riferimento molto importante per l’arte contemporanea, dalle istituzioni più conosciute come il Castello di Rivoli, le OGR e la Fondazione Sandretto fino a un posto insospettabile come il Museo Ettore Fico. La parola museo a volte suona come noiosa, ma qui siamo in una vecchia fabbrica, ristrutturata nel pieno rispetto della struttura originaria, che diventa spazio museale insolito e affascinante. Vale la pena farci un salto, anche solo per prendere un caffè nel delizioso bar interno!
E poi? E poi vorrei portarvi in un giardino segreto. Torino è la metropoli italiana più verde, ed una delle città europee con il maggior numero di alberi: i parchi più vecchi sorgono all’ombra di alberi monumentali, i grandi viali che incorniciano la città sono costellati di grandi platani, il parco Valentino lungo il Po offre casa a centinaia di scoiattoli. Ma il mio posto segreto, è il giardino reale, anzi i Giardini reali, come li chiamiamo noi. Si può accedere (gratuitamente) solo dal portone del Palazzo Reale, si attraversa il cortile quadrato, e si entra in un mondo parallelo: il rumore delle auto, dei negozi, della folla si spegne, si sente solo lo scrosciare dell’acqua delle fontane e lo scricchiolio della ghiaia sotto i piedi. Si entra in un vero e proprio bosco nel centro della città, dove sbucano statue e fontane e ci si può sedere su chaise-longues di metallo a ristorare l’animo, come a Parigi nei giardini delle Tuileries! Da vedere in tutte le stagioni!!!
Per i golosi, si sa, qui è nata la cioccolata! I caffè torinesi sono istituzioni al pari dei musei, e sono nati proprio perché le signore potessero sorseggiare questo succulento oro liquido, come le Golose di Gozzano: Fiorio, Baratti, Mulassano hanno conservato i loro interni storici di metà ‘800. Ma il mio caffè preferito è più burbero, meno sfacciato e un po’ più moderno. Dietro lo storico bancone del caffè Elena,in piazza Vittorio, Giuseppe Carpano ha messo a punto la formulazione del famoso Vermouth (chiedete la ricetta in stile punch, è un toccasana nei pomeriggi invernali!): non lontano dall’Università, tra le boiseries della sua piccola sala interna, artisti, letterati e musicisti, si ritrovavano a discutere animatamente, e tra loro anche Cesare Pavese, che vi sembrerà ancora di vedere seduto nel tavolino d’angolo.
Un’ultima piccola curiosità: nascosta tra le vie del quadrilatero romano, cuore del centro, sorge la ditta Audello, riferimento italiano in campo di… parrucche! Non c’è teatro nel mondo, che non si riferisca al Signor Mario (oggi in pensione), per le proprie acconciature, fantasiose ed elaborate! Se si entra nel cortile del palazzo, si può vedere dalla finestra il lavoro meticoloso degli artigiani che creano questi piccoli capolavori, ciocca dopo ciocca. Salendo al piano nobile poi, si entra nell’atelier, dove sono esposti molti capolavori e le foto di anni ed anni di straordinaria carriera! Se avete un diavolo per capello, è il posto giusto!
Torino è questo e molto altro, bisogna solo perdersi tra le sue meraviglie, anzi no, è impossibile perdersi perché Torino, nascendo da un accampamento romano, è perfettamente quadrata: se girate tre volte nella stessa direzione, vi ritroverete al punto di partenza!
Stefania Panighini
É laureata in Musicologia e diplomata in Conservatorio, regista d’opera, autrice e docente di arti performative, da quasi vent’anni lavora nei teatri del mondo dagli Stati Uniti alla Corea, passando per i più famosi teatri italiani. Indaga incessantemente la realtà, per trasformarla in una scena trasversale, dove rimescolando gli elementi, l’opera e il teatro-danza, la video arte e la prosa, la fotografia e lo storytelling, si legge il passato tentando di comprendere il futuro. Appassionata di nuove tecnologie e pubblico giovane, ha una smisurata fiducia nell’arte come mezzo per salvare il mondo.